Di fronte alla drammatica situazione che stiamo vivendo a seguito della pandemia del coronavirus ci siamo trovati tutti confusi, lontani, separati, impreparati.
Stava accadendo qualcosa che non ci aspettavamo e non potevamo prevedere e che avrebbe segnato una svolta epocale in tutto il mondo.
Noi pensavamo di essere forti, infrangibili, di dominare la nostra vita e la storia, invece ci siamo scoperti deboli, fragili è bastato un piccolo virus, neanche visibile a occhio nudo che entra nel nostro corpo, a sconvolgerci la vita.
Dopo i primi momenti di smarrimento il rischio era quello di chiudersi ognuno nel proprio guscio.
Per affrontare questa situazione, noi insegnanti, abbiamo cercato di sentirci sostenendoci, dandoci credito e fiducia, aiutandoci, come abbiamo sempre fatto, mettendo a disposizione ognuno i suoi talenti e materiali. L’unità che è sempre stata la nostra forza ora si è rafforzata ed è diventata più tangibile e creativa. Ci siamo accorti che cambiava un pò il nostro compito, abbiamo sempre detto che l’educazione è un rapporto, ora bisognava far sì che questo rapporto non venisse meno sia coi ragazzi che coi genitori. Prima erano i genitori a venire a scuola alle udienze, ora eravamo noi a entrare nelle loro case, in modo il più possibile discreto. Lo abbiamo fatto con tutti i mezzi che avevamo a disposizione: con il registro elettronico, coi collegamenti Zoom, attraverso video, messaggi vocali, telefonate, cercando di renderci presenti ai ragazzi e di far loro compagnia, aiutandoli in un giudizio e con una preghiera in caso di necessità.
Ci siamo accorti che questa era un’occasione per non dare niente per scontato, per tornare a desiderare ciò che il Signore ci ha sempre regalato, per riscoprire che tutto è dono: la salute, la scuola, il lavoro, gli amici, lo sport, la santa Messa, il catechismo, la libertà di viaggiare, di comprare, di divertirsi, di ritrovarsi.
Abbiamo invitato i ragazzi a vedere questo periodo come una occasione per rafforzare l’amore alla verità per capire chi siamo veramente, in cosa consiste la nostra vita, li abbiamo spinti a riscoprire la bellezza di stare insieme in famiglia, a non buttare via il tempo, ma a cercare di sfruttarlo al meglio leggendo, guardando qualche film, insomma a giocare la loro creatività e intraprendenza, tenendosi presenti gli uni gli altri.
Ci eravamo detti che questa emergenza poteva diventare un’opportunità e per molti lo è diventata. Come ci ha ricordato il Papa ci sono tra noi veri eroi che non sono quelli che hanno fama, soldi, successo, ma quelli che danno la vita per servire altri.
Ho visto mamme, ma soprattutto papà (per le mamme una cosa più usuale) che avendo la moglie ammalata in ospedale si sono fatti carico dei figli e dei loro compiti, della casa, della lavatrice, di far da mangiare. Ho visto ragazzini di 12-13 anni coi genitori ammalati prendersi cura dei fratelli, della casa; ho visto medici, infermieri, farmacisti, commessi dei supermercati fare turni estenuanti e a casa mettersi in quarantena per timore di contagiare figli e genitori. Ho visto mamme prendersi in casa i figli di amici che appunto hanno questi logoranti turni di lavoro. Ho visto una ragazzina di 16 anni trasferirsi da casa sua quella della nonna per non lasciarla sola. Ho visto nonni prendersi cura dei nipoti , insegnanti ammalati mandare i compiti ai loro alunni. Ho visto persone salutare i loro cari con la consapevolezza che non le avrebbero forse visti mai più. Ho visto anche insegnanti che con creatività, abnegazione, docilità ad accettare le sfide e il cambiamento, facilità a mettersi in discussione, amore ai ragazzi alle loro famiglie, sono stati di stimolo e di esempio gli uni per gli altri. Ognuno ha preso coscienza del proprio compito e lo ha svolto senza lamentarsi. E’ quello che io chiamo eroico nel quotidiano.
Daniela Bernazzoli, Dirigente Scolastico.
Questa situazione ha rafforzato anche il rapporto con i genitori che è sempre stato importante nella nostra scuola, ma il loro apporto è ora diventato prezioso, indispensabile, fondamentale, senza di loro noi insegnanti non riusciremmo a fare scuola a distanza.
E’ cambiato anche il modo di guardare i ragazzi, ora si attua davvero una didattica personalizzata, ogni alunno è visto e valutato secondo la sua personalità, la sua situazione, la sua condizione, stiamo riscoprendo tanti nuovi talenti che prima restavano in ombra.
Il coronavirus ha fatto strage di nonni, ripartire senza di loro sarà più difficile. L’Italia è nata ed è cresciuta, si è fatta grande, perché i nonni le hanno permesso di diventare tale. I nonni ci hanno aiutato accudendo i figli, prendendosi cura dei nipoti. La casa dei nonni è sempre aperta, come la loro cucina. Viene a mancare la memoria storica, per questo abbiamo proposto il progetto “I nonni raccontano”. Si tratta di un invito agli alunni a raccogliere le testimonianze dei nonni, è un modo per essere loro riconoscenti e per non perdere le nostre tradizioni e le nostre radici. Abbiamo anche chiesto ai ragazzi di raccontarsi cioè di dire come oggi stanno vivendo, perché è importante che non aspettino che finisca questa situazione per vivere.
Le risposte arrivate sono tantissime molto belle, a volte commoventi e l’anno prossimo, in occasione dei 40 anni della scuola, vedremo come pubblicarle e farle conoscere.