Contra spem in spe

Nella speranza contro ogni speranza.

“Cari genitori,

alla luce nuovo diffondersi dei contagi, memori dei suggestivi racconti sui nonni che ci avete inviato durante il lockdown e a cui abbiamo promesso di dare seguito, vi invito caldamente a leggere questo commovente ed incisivo articolo di cui condivido ogni singola parola”.

La Preside, Daniela Bernazzoli

Le notti che più non sapevamo. Questo male e la memoria dell’altro ieri.

In questo autunno che va sprofondando di nuovo nella paura penso spesso a mia nonna. Nata sull’Appennino parmense sul finire dell’Ottocento, tanti fratelli su una terra avara. Il gelo d’inverno, le malattie che falciavano i bambini e non lasciavano che gli adulti diventassero vecchi. Poi, a Parma, questa mia nonna diventa madre di mio padre e delle sue sorelle. Anni Venti: né vaccini, né antibiotici. Ogni volta che a un figlio saliva la febbre c’era da tremare: era cosa da poco o invece un’infezione maligna, quella che faceva scottare la fronte per giorni, e non se ne voleva andare? Penso alle notti, alle infinite notti di generazioni di madri chine su un figlio malato, che chissà se sarebbe guarito. E quante volte nei lunghi inverni, per malanni banali, nelle case moriva un bambino. Era dolorosamente ‘normale’, era, ancora o quasi, il destino degli uomini, nei secoli, da sempre. Poi, dopo la guerra, arrivarono gli antibiotici. Molte malattie guarivano in un batter d’occhio, con quella nuova straordinaria medicina.

Chissà, nei primi anni, lo stupore nel vedere certi febbroni possenti, di colpo, dissolversi e svanire. Curati, vaccinati, ben nutriti, i bambini del boom italiano smisero di morire. Già nella mia generazione era un evento eccezionale, che un bambino morisse di malattia. E quando madri e padri siamo diventati noi, era totalmente impensabile che un’influenza non si risolvesse in pochi giorni. Un caso di meningite, era un titolo sui giornali. Noi, venuti al mondo dopo l’avvento degli antibiotici, siamo la prima generazione che ritiene la salute una cosa, finché almeno si è giovani, garantita – tranne drammatiche, ma fortunatamente rare eccezioni.

E dunque mi chiedo come questa mia nonna starebbe, se fosse viva, di fronte al nuovo allargarsi del Covid. Forse, con un certo stupore. Donna di un altro evo, fin da piccola consapevole che è possibile ammalarsi e anche morire, non capirebbe tutto il nostro sconvolgimento. Noi, cresciuti nell’idea che la salute sia un ‘diritto’, di colpo ci troviamo disarcionati dalla sella, nello scoprire che per questo virus non c’è per ora cura, e può accadere perfino a un giovane di non farcela, e morire.

Sbalordimento: la morte si riaffaccia al nostro orizzonte. Puoi anche essere forte, e non temere per te; ma, e i figli? Le vocianti movide notturne, spensierate e quasi sfrontate. Come certi, a vent’anni, di essere immuni: e che comunque non è possibile che non esista un farmaco, che nel caso guarisca i corpi giovani e sani. Le madri dei ragazzi che si ammalano gravemente di Covid oggi tornano a essere, nell’animo, quelle di cento anni fa: sgomente, impotenti, tese al minimo segnale di miglioramento.

Con un intollerabile, indicibile pensiero in fondo al cuore. Perché non c’è più certezza, non c’è la ‘garanzia’ di guarire. Notti che somigliano a quelle di mia nonna e di milioni di donne, prima. Cerco di immaginarle: luci fioche in case immerse nel buio, le strade attorno deserte, solo la madre a vegliare. 

La febbre sale, la fronte brucia, il figlio mormora parole senza senso, poi come dalle viscere chiama: ‘Mamma!’ E loro lì a rinfrescare il viso con un fazzoletto bagnato, a porgere un bicchiere d’acqua. Aspettando l’alba, quando la febbre scema. Canta un gallo, il cielo si fa chiaro, un’altra lunga notte è passata. Milioni di notti di milioni di madri sono state così. Noi, madri di figli venuti su a omogenizzati e vitamine, regolarmente vaccinati, queste notti non le sapevamo. La pandemia è anche un salto indietro nel tempo. Ma come starebbe mia nonna, oggi? Forse ci osserverebbe un po’ stranita del nostro sbigottimento, del nostro scandalo, dell’ossessione che a volte si impadronisce di noi. 

Ma non lo sapete, direbbe meravigliata, che nemmeno un giorno ci è garantito, e che la nostra vita non ci appartiene? Cos’è questo panico che vi paralizza, e vi rende diffidenti e egoisti? Sembrate quasi indignati, perché a questo male non c’è cura. Sembrate uomini cui non è stato insegnato a domandare, e a pregare. 

E nelle sere in cui, chiuso l’ultimo tg, pensi ai figli con un’ansia nuova, vorresti avere qui la nonna Dina, con le sue mani ruvide e la sua faccia forte. Forte non di sé stessa, ma di una fiducia tramandata: che si vive e si muore, ma in Dio. Nel disegno di un Dio che vede e abbraccia ogni uomo. Vorresti essere come lei: una madre antica che regge il dolore, ma persevera nella speranza. In mille interminabili notti, e in mille albe: leonina ma quieta, e ostinata.

Fonte: Marina Corradi, www.avvenire.it, https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/le-notti

Vivere, non vivacchiare. Buon anno scolastico a tutti!

Con la riapertura delle scuole, sono a porgere a tutti il mio saluto, un saluto quest’anno particolarmente sentito perché si accompagna ad un importante passo verso il ritorno alla normalità dopo mesi difficilissimi. Possa dunque essere, questo nuovo anno scolastico che ci regala le lezioni in presenza, un anno pieno di gioia e caratterizzato da un distanziamento solo fisico, non nel cuore di ognuno di noi.

“Chi c’è dietro la mascherina? Ci siamo ancora noi: vivere non vivacchiare“. Ecco, questo sarà il nostro motto, il valore aggiunto ad una delle regole fondamentali per il nostro cammino in sicurezza.

A caratterizzare un ritorno così atteso disporremo anche di un sito internet nuovo, strumento sempre utile, ancor più in considerazione del periodo che andiamo a vivere. Il nostro obiettivo è ottimizzare e rappresentare al meglio la nostra offerta formativa, valorizzando l’attività svolta dal nostro corpo docente, i traguardi raggiunti dai nostri alunni e fornire periodici aggiornamenti alle famiglie.

Il Dirigente Scolastico, Prof.ssa Daniela Bernazzoli

scuolaliberailseme.it, il nuovo sito della nostra scuola è online

Immediatezza, semplicità e accesso rapido a tutte le informazioni sono le caratteristiche della nuova comunicazione digitale della scuola Il Seme.

Da oggi è online il nuovo sito internet della scuola Il Seme. Caratterizzato da una grafica moderna e responsive, consentirà di veicolare su tutti i device i contenuti istituzionali e le novità sulla nostra offerta formativa, sui servizi e sulle attività extrascolastiche, nonché news e aggiornamenti su temi inerenti la didattica.

Emergenza Sanitaria: l’eroico nel quotidiano.

Di fronte alla drammatica situazione che stiamo vivendo a seguito della pandemia del coronavirus ci siamo trovati tutti confusi, lontani, separati, impreparati.

Stava accadendo qualcosa che non ci aspettavamo e non potevamo prevedere e che avrebbe segnato una svolta epocale in tutto il mondo.

Noi pensavamo di essere forti, infrangibili, di dominare la nostra vita e la storia, invece ci siamo scoperti deboli, fragili è bastato un piccolo virus, neanche visibile a occhio nudo che entra nel nostro corpo, a sconvolgerci la vita.

Dopo i primi momenti di smarrimento il rischio era quello di chiudersi ognuno nel proprio guscio.

Per affrontare questa situazione, noi insegnanti, abbiamo cercato di sentirci sostenendoci, dandoci credito e fiducia, aiutandoci, come abbiamo sempre fatto, mettendo a disposizione ognuno i suoi talenti e materiali. L’unità che è sempre stata la nostra forza ora si è rafforzata ed è diventata più tangibile e creativa. Ci siamo accorti che cambiava un pò il nostro compito, abbiamo sempre detto che l’educazione è un rapporto, ora bisognava far sì che questo rapporto non venisse meno sia coi ragazzi che coi genitori. Prima erano i genitori a venire a scuola alle udienze, ora eravamo noi a entrare nelle loro case, in modo il più possibile discreto. Lo abbiamo fatto con tutti i mezzi che avevamo a disposizione: con il registro elettronico, coi collegamenti Zoom, attraverso video, messaggi vocali, telefonate, cercando di renderci presenti ai ragazzi e di far loro compagnia, aiutandoli in un giudizio e con una preghiera in caso di necessità.

Ci siamo accorti che questa era un’occasione per non dare niente per scontato, per tornare a desiderare ciò che il Signore ci ha sempre regalato, per riscoprire che tutto è dono: la salute, la scuola, il lavoro, gli amici, lo sport, la santa Messa, il catechismo, la libertà di viaggiare, di comprare, di divertirsi, di ritrovarsi.

Abbiamo invitato i ragazzi a vedere questo periodo come una occasione per rafforzare l’amore alla verità per capire chi siamo veramente, in cosa consiste la nostra vita, li abbiamo spinti a riscoprire la bellezza di stare insieme in famiglia, a non buttare via il tempo, ma a cercare di sfruttarlo al meglio leggendo, guardando qualche film, insomma a giocare la loro creatività e intraprendenza, tenendosi presenti gli uni gli altri.

Ci eravamo detti che questa emergenza poteva diventare un’opportunità e per molti lo è diventata. Come ci ha ricordato il Papa ci sono tra noi veri eroi che non sono quelli che hanno fama, soldi, successo, ma quelli che danno la vita per servire altri.

Ho visto mamme, ma soprattutto papà (per le mamme una cosa più usuale) che avendo la moglie ammalata in ospedale si sono fatti carico dei figli e dei loro compiti, della casa, della lavatrice, di far da mangiare. Ho visto ragazzini di 12-13 anni coi genitori ammalati prendersi cura dei fratelli, della casa; ho visto medici, infermieri, farmacisti, commessi dei supermercati fare turni estenuanti e  a casa mettersi in quarantena per timore di contagiare figli e genitori. Ho visto mamme prendersi in casa i figli di amici che appunto hanno questi logoranti turni di lavoro. Ho visto una ragazzina di 16 anni trasferirsi da casa sua quella della nonna per non lasciarla sola. Ho visto nonni prendersi cura dei nipoti , insegnanti ammalati mandare i compiti ai loro alunni. Ho visto persone salutare i loro cari con la consapevolezza che non le avrebbero forse visti mai più. Ho visto anche insegnanti che con creatività, abnegazione, docilità ad accettare le sfide e il cambiamento, facilità a mettersi in discussione, amore ai ragazzi alle loro famiglie, sono stati di stimolo e di esempio gli uni per gli altri. Ognuno ha preso coscienza del proprio compito e lo ha svolto senza lamentarsi. E’ quello che io chiamo eroico nel quotidiano.

Daniela Bernazzoli, Dirigente Scolastico.

Questa situazione ha rafforzato anche il rapporto con i genitori che è sempre stato importante nella nostra scuola, ma il loro apporto è ora diventato prezioso, indispensabile, fondamentale, senza di loro noi insegnanti non riusciremmo a fare scuola a distanza.

E’ cambiato anche il modo di guardare i ragazzi, ora si attua davvero una didattica personalizzata, ogni alunno è visto e valutato secondo la sua personalità, la sua situazione, la sua condizione, stiamo riscoprendo tanti nuovi talenti che prima restavano in ombra.

Il coronavirus ha fatto strage di nonni, ripartire senza di loro sarà più difficile. L’Italia è nata ed è cresciuta, si è fatta grande, perché i nonni le hanno permesso di diventare tale. I nonni ci hanno aiutato accudendo i figli, prendendosi cura dei nipoti. La casa dei nonni è sempre aperta, come la loro cucina. Viene a mancare la memoria storica, per questo abbiamo proposto il progetto “I nonni raccontano”. Si tratta di un invito agli alunni a raccogliere le testimonianze dei nonni, è un modo per essere loro riconoscenti e per non perdere le nostre tradizioni e le nostre radici. Abbiamo anche chiesto ai ragazzi di raccontarsi cioè di dire come oggi stanno vivendo, perché è importante che non aspettino che finisca questa situazione per vivere.

Le risposte arrivate sono tantissime molto belle, a volte commoventi e l’anno prossimo, in occasione dei 40 anni della scuola, vedremo come pubblicarle e farle conoscere.